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Dove finisce il libero arbitrio?

Ossia, se è vero che nella Bibbia c’è posto soltanto per il servo arbitrio, quando è che noi abbiamo libero arbitrio? Siamo tutti marionette e Dio tira i fili? O possiamo decidere anche noi qualcosa?

È bene qui fare una precisazione e distinzione tra due significati, ciò che negli ultimi secoli è stata chiamata libertà d’azione o rappresentanza e ciò che dall’inizio del Cristianesimo ha preso il nome di libero arbitrio. Agostino, Lutero, Calvino, e altri hanno parlato di libero arbitrio in due sensi, il primo poco importante, il secondo molto importante. Ma l’espressione libero arbitrio ha portato sempre a molta confusione, così è bene esprimersi in due modi diversi.

La libertà d’azione riguarda gli esseri umani. Tutti gli esseri umani sono liberi artefici di ciò che fanno, delle loro decisioni quotidiane, delle loro scelte e comportamenti. Infatti loro rendono conto dinnanzi a Dio del loro operato e comportamento, sia esso retto o peccaminoso. Come Adamo che ha peccato, anche noi ora, e i credenti glorificati ai quali è stata confermata la grazia, siamo responsabili del nostri peccati. I credenti, dentro i quali è venuto ad abitare lo Spirito Santo dopo la conversione, nonostante siano santificati e abbandonino i loro comportamenti peccaminosi, abitano pur sempre in un corpo di peccato e potrà capitare nel corso della loro vita che prenderanno decisioni non troppo rette, perché sono pur sempre peccatori in questa vita, ma questo non pregiudica la salvezza e l’elezione. La liberazione completa del peccato, avverrà quando Cristo tornerà e ci libererà.

L’apostolo Paolo spiega, in Romani 7:14-25, quanto sia difficile conciliare il nostro essere peccatori in un “corpo di morte” con la Legge di Dio,:

Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato.

Poiché, ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio.

Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona;

allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me.

Difatti, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no.

Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio.

Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me.

Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me.

Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore,

ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra.

Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?

Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.

Ed è proprio grazie a Gesù Cristo che i nostri peccati vengono perdonati pur continuando ad abitare in un corpo peccatore.

Il libero arbitrio, invece, riguarda Dio ed è stato definito dai teologi cristiani dei primi secoli, come la capacità di scegliere tra tutte le opzioni morali che una situazione offre, e Agostino affermò contro la maggioranza dei dotti greci che il peccato originale ci ha tolto il nostro libero arbitrio in questo senso. Noi non abbiamo alcuna naturale capacità di discernere e scegliere le vie che portano a Dio perché non abbiamo alcuna inclinazione naturale nei confronti di Dio; i nostri cuori sono colmi di peccato e lontani dal nostro Creatore e solo la grazia e la rigenerazione ci possono liberare da questa schiavitù. Questo è ciò che l’apostolo Paolo insegnava in Romani; solo la persona liberata dal peccato sceglie il giusto. Un amore permanente di rettitudine, cioè un’inclinazione del cuore alla via della vita che piace a Dio, è un aspetto della libertà che dà Cristo (Giovanni 8:34-36: Galati 5:1, 13).

Vale la pena osservare che la volontà è una concetto astratto, quindi. La mia volontà non è quando scelgo di muovere una mano, andare a prendere un caffè, andare a dormire, ecc., (libertà d’azione) perché sono precisamente io che scelgo di agire e muovermi. La libertà, in teologia, la si intende nell’atteggiamento che abbiamo nei confronti di Dio, l’inclinazione ad essere salvati, e non possiamo avere fede e credere se non veniamo “toccati” da lui, se non è lui a deciderlo, se non ci dona “un cuore nuovo sostituendolo con quello di pietra, che abbiamo per natura” (Ezechiele 36:27).