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La Legge non è stata abolita

Torah-Jewish[1]Se Gesù non è venuto ad “abolire la Legge dell’Antico Testamento, ma a portarla a compimento” (Matt. 5:17), allora perché si sente dire da alcuni (ad es. i cattolici) che alcuni comandamenti non valgono più? In special modo il secondo che sarebbe rivolto esclusivamente agli Ebrei? Eppure non si sognerebbero mai di dire che il comandamento “non uccidere” o “non dire falsa testimonianza” non siano più validi o siano solo per gli Ebrei… ma lo dicono per il secondo, quello sul divieto di costruirsi immagini scolpite ed inginocchiarsi davanti a loro. Questa è idolatria ed è valida anche oggi, come tutti gli altri comandamenti.

L’idolatria ha certamente mille sfaccettature, è rendere idolo qualcosa e far passare Dio in secondo piano, e questo non è soltanto l’amore per il denaro o la lussuria, ma anche venerare o adorare altri che non siano Lui. I cattolici si difendono dicendo che una cosa è adorare e una è venerare. Bene, ma Dio non fa differenze lessicali, a Lui non interessano queste sottigliezze linguistiche, Lui comanda di non prostrarci davanti agli idoli, anche le sculture che lo rappresentano. Questo è il secondo comandamento così come lo ha dato Dio a Mosè, ma omesso nel Catechismo Cattolico:

Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi. (Es. 20:4-6)

Gesù Cristo non è venuto nel mondo per annullare la Legge ed i profeti, ma per portarla a compimento.

«Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento. In verità vi dico finché il cielo e la terra sussisteranno, neppure uno iota o un apice della Legge passerà, che tutto sia adempiuto. Chi, dunque, avrà violato uno di questi minimi comandamenti ed avrà così insegnato gli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica ed insegnati, esso sarà chiamato grande nel regno dei cieli» (Matt. 5: 17-20; Luca 16 :17; Giacomo 2:8-11).

Gesù Cristo creò un perfetto accordo fra la Legge (Antico Testamento) e l’Evangelo (Nuovo Testamento).

Annulliamo noi dunque la Legge mediante la fede? Così non sia, anzi stabiliamo la Legge (Romani 3:31) “…mediante la Legge è data la conoscenza del peccato” 3:20). «lo non avrei conosciuto il peccato, se non per mezzo della Legge; poiché io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: «Non concupire» (Rom. 77). «… dove non c’è Legge, non c’è neppure trasgressione… il peccato non è imputato quando non v’è Legge» (Rom. 4:15; 5:13; 1 Giovanni 3:4). Ecco perché la Legge, che è «santa, giusta e buona» (mentre l’uomo è “carnale” e “venduto schiavo al peccato”) è «il nostro pedagogo per condurci a Cristo» (Rom. 7:12-14; Gal. 3:21-24: 1 Tim. 1:8-10).

«Or la Legge è intervenuta affinché il fallo abbondasse» (Rom. 5 : 20; 7 : 13), e che la grazia sovrabbondasse in tutta la sua pienezza e che noi fossimo, per la fede, liberati dalla potenza del peccato e «giustificati», cibandoci d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio (Rom. 5:17; Matt. 4:4).

Lo scopo di tutta la Legge è dunque quello di creare la vera conoscenza del peccato, il pentimento ed il bisogno profondo di un mediatore (Es. 20:18-21).

Già sotto l’Antica Alleanza, certi uomini di Dio, che si lasciarono giudicare da tutta la Legge, poterono intravedere la redenzione futura e la grazia e, per la fede, vincere i peccati ereditati nella carne.

Mosè, l’amico di Dio, che aveva l’ordine di trasmettere la Legge al popolo e che sapeva sottomettervisi, ha visto la gloria di Dio ed ha messo tutta la sua confidenza nella grazia, alla quale egli continuamente ricorreva per sé e per il popolo (Es. 33:12-17; 34:6-9; Deuteronomio 9:5; 26-27; 33 :16; Salmi 90:8, 14, 17).

Davide, che aveva scoperto «le meraviglie della Legge», che pur lo aveva giudicato severamente — perfino nei gravi «peccati che gli erano occulti» — e nella sua natura di peccato ereditato — «pubblicava ogni mattina la sua benignità» e lodava Colui che corona di benignità e di compassioni (Salmi 19:9-13; 40 :9; 51:6-8; 89 : 2-3; 92:3; 103 :4,8-13; 119:18).

lsaia, il quale, pure lui, aveva riconosciuta l’impurità della sua natura e si era lasciato purificare, ha testimoniato della «grazia eterna e della misericordia di Dio» (nella redenzione), (Isaia 1:4; 6-18; 6:5-7; 43:24-27; 53:5; 54:7-8-10; 55:3).

Soltanto colui, che riconosce le sue trasgressioni a tutta la Legge ed ai profeti, e le confessa, potrà essere completamente liberato da tutti i peccati descritti nella Legge, come pure dalla legge di ereditarietà (Salmi 51:7; Rom. 7:14-25) e godere, in ogni circostanza della vita quotidiana, della pienezza di grazia e di una vita di costante vittoria in Cristo.

Se non prendiamo sul serio ogni Parola di Dio, di cui Cristo ha vissuto e se non obbediamo all’ordine, che Dio si è proposto nel piano di redenzione, ch’Egli ha offerto ad ogni singolo individuo come a tutta l’umanità, non ci. saranno affidate grandi cose. È indispensabile che la giustizia della Legge possa essere compiuta in noi, mediante la Legge dello Spirito e la vera dimora di Cristo in noi (Romani 8:2-4; Efesini 3:15-19). Poiché la verità di tutta la Parola di Dio ci affranca veramente; essa purifica e santifica il credente e Io rende irreprensibile ed alto ad ogni buona opera (Giovanni 8:31-34; 17:17; 16:13; Ef. 5:26-27; 2 Tim. 3:16-17).

Bisogna dunque che chi vuole pervenire alla piena conoscenza della verità e della salvezza e raggiungere la perfetta statura di Cristo, sia innanzitutto condotto dalla Legge e dai profeti alla piena conoscenza del peccato e poi al Salvatore. Allora potrà, per l’ubbidienza della fede alla Parola di Dio, penetrare nella completa libertà di Dio. È solo quando riconosciamo i nostri peccati, che possiamo chiamarli col loro nome e confessarli, essendo di cuore profondamente umiliati davanti a Dio, il quale è fedele e giusto per perdonarceli, grazie al sangue versato, e purificarci da ogni iniquità (1 Giovanni 1:7).
Se alcuno vuole evitare il pentimento come condizione di salvezza, egli inganna sé stesso e non può godere che di un sentimento di pace falsa e superficiale; mentre permette a Satana di conservare i suoi diritti (anche inconsci o dimenticati) secondo la Parola, e può così accusare giorno e notte i fratelli, fino al termine dell’epoca della grazia (Luca 12:47-48; 58-59; Matt. 5:25; Luca 22:31; Apocalisse 12:10).

In altri termini: l’assoluta redenzione dello spirito, dell’anima e del corpo, che Gesù ha acquistata più di 2000 anni fa, mediante la Sua morte espiatoria in favore di tutti gli uomini, non potrà essere una realtà nella vita dei credente, se non quando gli sarà rivelato il mistero della croce, in cui tutti i principati e le potenze saranno state depredate e che ogni peccato sarà stato scoperto per mezzo della Parola di Dio e mediante l’azione dello Spirito Santo ed inoltre, quando questo peccato sarà stato riconosciuto e confessato come tale (Ef. 5:13).

Gesù è stato sottomesso a tutta la Legge, Egli è stato fatto maledizione sulla croce, per poter liberare i credenti dalla maledizione della Legge, affinché essi vivessero nella libertà dei figliuoli di Dio e non fossero più sottoposti ad un giogo servile (Gal. 3:10, 13; 5:1). Colui che non si riconosce colpevole in quanto alla Legge è interamente peccatore a causa della sua natura di peccato, per dar gloria a Dio in ogni cosa, ricade inevitabilmente nelle opere morte provando invano di migliorare se stesso e di santificarsi da sé. Un tale persiste nelle opere della carne ed in vari peccati, come fecero i Corinti, oppure ricade sotto il giogo della Legge, come fecero i Galati; non può vivere unicamente per grazia ed interamente per la fede.

Essendo ogni peccato una trasgressione della Legge, è essenzialmente importante riconoscere, alla luce di tutta la Scrittura, ogni trasgressione del primo comandamento: «Non avere altri dei nel mio cospetto». «Non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro» (Es. 20:3-5). Qui c’è una proibizione assoluta ad ogni sorta di idolatria, la quale è la radice di ogni peccato e di tutti i mali (Rom. 1:21-31), per poter amare il solo vero Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la forza, per temere Lui solo ed avere confidenza in Lui soltanto (Deuteronomio 6:5; 13-15). Quando l’incredulità, con le sue molteplici radici, causate dall’idolatria (che è profondamente ancorata nel cuore dell’uomo), sarà rivelata e censurata dalla Parola di Dio e purificata dal sangue di Cristo, solo allora il timor di Dio (prodotto dalla conoscenza della Sua santità e la vera fede di Dio, che era in Gesù), si manifesterà nel cuore.